Passare da una multinazionale a una family business in un ruolo apicale.

Possibile, ma con qualche attenzione.

By: Leonardo Zaccheo

Ad un certo punto della carriera di un executive di alto livello – tipicamente C-Level di grandi multinazionali quotate – può nascere il desiderio di orientarsi verso un’esperienza in un’azienda a proprietà familiare – usualmente note come family business – per assumere un ruolo apicale, ritenendo di poter portare un contributo significativo nel rafforzamento manageriale dell’organizzazione e nello sviluppo complessivo dell’impresa.

Questa spinta può essere legata a vari motivi.

Una delle motivazioni principali è la consapevolezza di aver sviluppato competenze ed esperienze in contesti internazionali di elevato valore manageriale – spesso in realtà riconosciute anche come scuole globali di management – che potrebbero essere ben impiegate e valorizzate in aziende a proprietà familiare, di solito di minori dimensioni rispetto all’azienda di provenienza.

L’esperienza indica che vi sono, in potenza, eccellenti possibilità di successo, ma anche rischi che non vanno sottostimati. Per un outsider rispetto alla famiglia, il passaggio può essere a volte complicato in quanto i due ambiti culturali sono spesso radicalmente diversi.

L’entità del successo appare essere direttamente proporzionale a due elementi critici: la preventiva consapevolezza da parte dell’executive delle differenze culturali e di governance tra queste due tipologie di organizzazioni; l’intelligenza emotiva e l’umiltà intellettuale richieste per adattarsi a modalità di comportamento e a processi decisionali piuttosto diversi rispetto a quelli della propria multinazionale di provenienza.

Per quanto sembrino indicazioni semplici, non sempre sono perseguite appieno.

Rimanere in un ruolo apicale per un certo tempo in una family business può richiedere l’apprendimento della sottile arte di riflettere due volte prima di esporsi nel concordare o nel mostrare un possibile disaccordo su qualche tema manageriale con membri della famiglia presenti in azienda; a differenza delle strutture multinazionali ove la diversità di pensiero è invece considerata una ricchezza.

Nello stesso tempo, è anche vero che quando l’executive si è accreditato ed è considerato credibile, competente e capace, le soddisfazioni che si possono ottenere sono sicuramente di grande valore.

Qualche tip può quindi aiutare a riflettere sul come posizionarsi con successo.

 

Non ritenere di portare l’acqua agli assetati

È vero che nelle grandi multinazionali quotate la competenza manageriale è solitamente molto elevata, con provenienza spesso dalle migliori business school mondiali e con la possibilità di aver gestito progetti e situazioni estremamente complesse a livello pluri-paese.

Ma proprio per questo è opportuno evitare l’errore di ritenere di essere “più competenti”. In realtà, si ha una competenza diversa, adatta a quell’ambiente. Nelle aziende familiari esistono altri tipi di competenze che hanno permesso all’azienda di nascere, crescere e prosperare con una cultura manageriale differente.

Il tema è che da una certa dimensione aziendale in poi, alcune competenze manageriali tipiche delle grandi organizzazioni potrebbero essere carenti in quelle imprenditoriali; è solo applicandole con la giusta umiltà e comprendendo i differenti meccanismi decisionali che si può aggiungere valore alla compagine aziendale familiare, senza rappresentare un rischio per la cultura che ha reso grande l’azienda stessa.

 

Adattarsi a un differente stile manageriale

Il leader imprenditore è spesso abituato a giocare su tutti i fronti, intervenendo su una pluralità di aspetti aziendali, indipendentemente da un vero punto di forza su ogni materia, in quanto ritiene che la sua conoscenza dell’azienda ed il suo coinvolgimento in tutte le decisioni siano fattori cruciali per mantenere il controllo sull’organizzazione e per garantire una prospettiva al business.

Per questo, in genere, vi è una debole attitudine a delegare, anche quando in fase di assunzione viene fatta la promessa solenne di assicurare delega e autonomia al nuovo AD o DG.

Così, mentre nella multinazionale di partenza l’executive era abituato ad un processo decisionale razionale, basato sul coinvolgimento di vari attori e di varie funzioni, spesso con regole anche dettate dalla struttura globale e con una quantità di risorse piuttosto cospicue, nell’impresa a proprietà familiare il decisore di ultima istanza è uno solo, o un piccolo gruppo della famiglia stessa.

Non vi è appello a strutture e a policy internazionali, è molto chiaro chi decide, anche se si è entrati una posizione apicale. Ciò può avere implicazioni sulla valutazione della performance e causare frustrazione nell’executive.

 

Operare con minori risorse a disposizione

Nonostante non sia possibile generalizzare, non ci si deve illudere che le risorse economiche, finanziare, informative, ecc. che sono disponibili per prendere decisioni in un’impresa multinazionale, siano di solito disponibili anche in un’impresa familiare.

Le imprese globali possiedono un’enorme ricchezza di dati e per questo i loro processi decisionali sono più articolati, governati da routine e discussi frequentemente. Nelle aziende familiari – a prescindere dalla dimensione – le piattaforme informative sono spesso meno sofisticate e integrate, quindi i processi decisionali non possono avvantaggiarsi di dati che permettano di ridurre i margini di rischio.

L’executive che decide di accettare la sfida della family business deve accettare un più alto grado di aleatorietà, imparare a decidere con meno informazioni e anche accettare la sfida di dover mettere a punto un data base più articolato che gli permetta di massimizzare l’efficacia della sua leadership.

Inoltre, talvolta agli executive nelle multinazionali, soprattutto quando arrivano da branch geografiche, è loro richiesto di essere bravi nell’eseguire una strategia complessiva che è stata già formulata nell’HQs; diversamente, in un’impresa familiare di solito la strategia, oltre che implementarla, va anche pensata e condivisa con tutti i membri rilevanti della famiglia presenti nel CdA.

Infine, sebbene le multinazionali tengano in altissima considerazione le performance dei singoli executive, è anche vero che il successo dell’intera organizzazione è basato sulla collaborazione e sulla somma del contributo di molti. In un’azienda con il singolo imprenditore o una famiglia presente, la valutazione della performance complessiva è fatta in maniera molto più diretta e talvolta abbastanza immediata.

 

Impegnarsi per conquistare la fiducia della famiglia

In un’azienda a proprietà familiare la fiducia non è un attributo che viene dato per scontato: primo perché si è percepiti come “esterni”, secondo perché il fondatore o la seconda generazione di solito non si affidano ad un executive solo sulla base delle esperienze scritte nel CV, anche se di elevato rango.

La fiducia va costruita passo dopo passo, dimostrando sul campo di valere quanto promesso.

In questo percorso è fondamentale non apparire come una potenziale minaccia al controllo dell’azienda o all’unità della famiglia. Anzi, nel caso vi sia la presenza di uno o più membri non ancora pronti a posizioni di rilievo nella gestione dell’azienda, assumere un ruolo di guida allo sviluppo del potenziale e della managerialità di questi giovani manager può sicuramente essere di aiuto nel percorso di creazione della fiducia.

 

Evitare di rimanere coinvolti in dispute familiari

Nessuno assume un executive per fare da mediatore.

Il tema si amplifica man mano che l’azienda include nuove generazioni, ove dal fondatore originale si passa alla fase dei figli, con fratelli e sorelle, e man mano che l’azienda si sviluppa e il tempo passa, a quella successiva dei “cugini”. Più membri ci sono, più il tema può diventare delicato. Situazioni ove un membro della famiglia critica un altro o dove si genera l’aspettativa di avere il manager esterno come messaggero tra le parti è da evitare con grande attenzione.

Talvolta l’outsider ritiene di fare un favore nel contribuire alla chiarezza del clima, ma non lo fa per nulla. Nessuno in realtà gli riconoscerà mai questo compito, anche se apparentemente si chiede un suo coinvolgimento.

È meglio essere cauti nell’offrirsi come confidente di qualche membro; si può ritenere di essere privilegiati nel venire a conoscenza anche di fatti privati della famiglia, ma è sempre auspicabile e consigliabile mantenere un rapporto puramente professionale e concentrato sul business che si è stati chiamati a guidare.

 

Apprezzare e fare propria la cultura della famiglia

Le aziende guidate da un imprenditore o da una famiglia sono generalmente fiere del clima e dell’atmosfera che hanno creato nella propria azienda. Integrità, onestà e dare servizi alla comunità ove l’azienda si trova, ad esempio, sono spesso elementi di grande rilevanza.

Non che questi valori non siano simili a quelli di un’azienda multinazionale manageriale, ma in questo caso l’attenzione che viene loro data permea anche il modo di condurre il business. E uno dei principali timori nell’assumere figure apicali dall’esterno è proprio quello che tali valori vengano diluiti o dissipati, perdendo la spinta iniziale che ha reso grande l’azienda fino a quel momento.

 

In conclusione

Non si può non riconoscere la competenza e l’abilità che l’imprenditore ha mostrato nel fondare l’azienda e portarla al successo, facendola crescere generazione dopo generazione e mantenendo unità nella famiglia man mano che questa aumenta la propria presenza in azienda con generazioni successive.

L’executive che entra a farne parte deve quindi saper riconoscere l’enorme valore dell’imprenditore e della famiglia e fare in modo che questa sua comprensione venga percepita.

Per questo sarà fondamentale prestare le dovute attenzioni alle tipicità di cultura e governance nella quale si troverà ad operare. Nello stesso tempo dovrà saper instaurare un dialogo aperto e costruttivo per integrare le elevate esperienze che ha maturato altrove così da aiutare l’impresa familiare negli step di crescita, nel rafforzamento della managerialità e dell’internazionalizzazione.

Nello stesso tempo, anche l’imprenditore dovrà saper apprezzare questo contributo come un valore aggiunto per generare una crescita ulteriore del proprio business, oltre a riconoscerne i meriti quando sarà necessario.

Il successo dell’incontro tra managerialità e imprenditorialità deve essere una solida partnership, nella quale tutti si vince per la crescita e la continuità dell’azienda.

Leonardo Zaccheo

Amministratore Delegato

Covenant Partners